La resilienza è la capacità psicologica di autoripararsi dopo un danno e di resistergli. E’ anche l’abilità di esprimere le proprie risorse interne ed esterne per ricostruire e riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le situazioni difficili, che avrebbero potuto generare un esito negativo.
Essere resilienti non significa non incontrare mai difficoltà o non venire toccati dagli eventi stressanti della vita, la resilienza riguarda il modo in cui viene affrontata la situazione. E’ una risorsa che consente di gestire positivamente l’impatto dell’evento doloroso.
Quindi, le persone resilienti reagiscono ad avversità (eventi stressanti) potenzialmente distruttivi o traumatici non
solo non abbattendosi e non sviluppando un disturbo, ma dando avvio a un’evoluzione positiva.
In psicologia l’uso delle metafore è molto efficace per comunicare i significati dei concetti.
Lo psicologo Cyrulnik spiega la resilienza facendo riferimento al comportamento dell’ostrica. Quando un fastidioso granello di sabbia entra nell’ostrica, questa reagisce proteggendosi producendo una secrezione che dà vita ad un oggetto meraviglioso: la perla.
Anche la tecnica giapponese del Kintsugi rappresenta una metafora del concetto di resilienza. Kintsugi significa letteralmente kin (oro) e tsugi (unire): “aggiustare tramite l’oro” . Infatti, quest’arte consiste nel ricomporre un vaso rotto mediante l’utilizzo di un metallo prezioso (oro o argento) che ne riconnette i cocci. Questo, non solo restituisce integrità e funzionalità al vaso che altrimenti sarebbe stato buttato, ma gli conferisce anche un tocco di nobiltà evidenziando nuove nervature preziose laddove poco prima vi erano solo rovinose spaccature. Ogni vaso diviene unico ed irripetibile proprio per la peculiarità dei segni e delle linee che ne raccontano la storia e lo differenziano da qualsiasi altro oggetto. Il Kintsugi ci induce a riflettere su come affrontare le situazioni traumatiche, proponendo di far fronte in maniera positiva a questi eventi, di non rimanere “rotti” e di valorizzarli positivamente.
La resilienza è la capacità di affrontare e riprendersi dall’impatto traumatico di situazioni gravi come la morte di una persona cara, la perdita di un lavoro, gravi malattie, attacchi terroristici e altri eventi traumatici.
E’ utile anche per eventi più lievi e quotidiani come problemi familiari e relazionali, di salute, lavorativi e finanziari.
Le persone resilienti riescono meglio a riprendersi di fronte a questi eventi, mentre altre lottano più a lungo, con maggiori incidenze di depressione, ansia ed effetti a lungo termine dello stress.
I fattori che possono favorire lo sviluppo di un buon livello di resilienza si potenziano positivamente a vicenda, nessuno di questi è univocamente necessario o sufficiente.
Werner e Smith (1982) distinguono tra fattori individuali e familiari. E’ più probabile diventare persone resilienti se si dispone di un buon temperamento, un’adeguata sensibilità, autonomia e autocontrollo. Sono utili anche un’alta competenza sociale e comunicativa e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi. Inoltre, un ambiente famigliare caratterizzato da un’elevata attenzione per il bambino, soprattutto nel primo anno, e da una buona relazione tra i genitori favoriscono la resilienza. Sono importanti anche la coerenza nelle regole e il supporto di amici e altri famigliari.
Secondo la psicologa Fosha, “le radici della resilienza sono da ricercare nella sensazione di essere compresi e presenti nella mente e nel cuore di un altro che ci ama, che è sintonizzato e che è padrone di sé.”
Anche la presenza di una buona rete sociale è un fattore protettivo per lo sviluppo della resilienza. Le relazioni, infatti, creano amore e fiducia, offrono incoraggiamento e rassicurazione per rafforzare la capacità di recupero. Inoltre, la presenza di persone che si pongono come modelli di efficacia nell’affrontare le difficoltà promuove la resilienza.
Altri fattori associati alla resilienza sono la capacità di porsi obiettivi realistici e di adottare misure adeguate per raggiungerli. Serve anche una visione positiva di sé stessi e una buona fiducia nei propri punti di forza e risorse. Anche la capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi sostengono e favoriscono la resilienza. Infine, va aggiunta ai fattori di protezione una buona consapevolezza dei propri bisogni psicologici e la capacità di legittimarli.
Se si riscontra è una presenza consistente di questi fattori di rischio, unitamente a un’assenza importante di fattori protettivi, c’è la possibilità che la persona non sia in grado di mostrarsi sufficientemente resiliente. I fattori di rischio hanno una natura cumulativa e la loro comparsa in successione aumenta la possibilità di sviluppare un disturbo.
Secondo Werner e Smith (1982), i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, possono essere emozionali (abusi, bassa autostima, scarso controllo emozionale), interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura), famigliari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione) o di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale).
Innanzitutto è bene precisare che lo sviluppo della resilienza è molto personale e soggettivo poiché le persone reagiscono diversamente ad eventi di vita traumatici e stressanti. La resilienza varia a seconda dell’intensità, e del tipo di evento subito, oltre che delle circostanze in cui questo avviene. E’ necessario considerare anche l’età, la personalità, la cultura di appartenenza e i modelli di riferimento. Serve che ciascuno individui le risorse uniche e specifiche per sé per potenziare la resilienza. Vediamo, quindi, alcuni consigli generali che aiutano a rafforzare la resilienza.
Per capire quali strategie mettere in atto per potenziare la propria resilienza serve innanzitutto comprendere quali sono i propri punti di forza e quali di debolezza. E’ necessario iniziare con il diventare consapevoli dei propri limiti e delle proprie potenzialità, per poi imparare ad utilizzare le seconde a sostegno dei primi. E’ fondamentale spostare l’attenzione sugli elementi che contribuiscono a supportare la persona in difficoltà. Serve anche accettare i propri difetti e il fatto che molte cose non possono essere sotto il nostro controllo.
Bisogna concentrarsi sulle esperienze passate e sulle reazioni messe in atto davanti agli eventi della vita, cercando di comprendere quali strategie sono state utili e quali no.
Può essere, quindi, chiarificatore chiedersi quali eventi sono stati più difficili e in che modo questi hanno colpito. Quali emozioni e reazioni ho vissuto? Che significato hanno per me quegli eventi e le mie reazioni?
Ho trovato utile pensare e richiedere l’aiuto a persone importanti nella mia vita? Chi ho contattato per superare un’esperienza stressante?
Cosa ho imparato durante i momenti difficili? Sono stato in grado di superare gli ostacoli e come?
È importante avere una buona rete sociale su cui fare affidamento nei momenti di crisi e a cui potersi rivolgere per cercare aiuto e sostegno. Certamente parlare di una situazione con un amico o una persona amata non farà sparire i problemi, ma permetterà di sentirsi meno soli, condividere i sentimenti, ricevere supporto e trovare possibili soluzioni ai problemi.
Un altro modo per gestire situazioni di crisi è quello di rivolgersi a gruppi di auto-aiuto e supporto. Condividendo informazioni, idee ed emozioni, i partecipanti possono sostenersi e trovare conforto nel sapere che non sono i soli a sperimentare quelle difficoltà.
L’autostima gioca un ruolo importante nel far fronte allo stress e nel riprendersi da eventi stressanti. Aiuta, di fronte alle situazioni difficili, ricordarsi dei propri punti di forza e dei traguardi importanti raggiunti. Diventare più sicuri delle proprie capacità, compresa quella di rispondere e affrontare una crisi, è un ottimo modo per costruire la capacità di recupero per il futuro.
Non è possibile evitare che accadano eventi altamente stressanti, ma è possibile cambiare il modo in cui si interpretano e si risponde a questi. Una prospettiva ottimistica, infatti, consente di aspettarsi che accadano cose belle nella vita. Non significa ignorare il problema o illudersi che tutta vada bene, ma significa capire che le battute d’arresto sono temporanee e che si hanno le risorse per combattere le sfide.
Di fronte a crisi o tragedie, saper trovare un senso o uno scopo può essere molto importante per il recupero. Ognuno può trovare gli obiettivi che ritiene più stimolanti ed in linea con il proprio modo di essere e la propria storia. Ad esempio, alcune persone decidono di focalizzarsi sul lavoro, su un progetto da realizzare, aumentano il coinvolgimento nella propria comunità, coltivano la spiritualità o partecipano ad attività significative.
Nei momenti di difficoltà, si tende a trascurare le proprie esigenze. Capita a molti di non alimentarsi correttamente, ignorare l’esercizio fisico e non dormire a sufficienza. Si perde anche l’interesse per la cura del proprio aspetto fisico e per le attività che un tempo interessavano. Tuttavia, è importante non trascurare queste dimensioni. Prendersi cura di sé aiuta a mantenere la mente e il corpo pronti ad affrontare le situazioni che richiedono resilienza.
Quando le ferite traumatiche sono talmente profonde e le risorse interne ed esterne compromesse, questi consigli non risultano sufficienti per recuperare la resilienza. In questi casi, è importante iniziare un percorso di sostegno psicologico e psicoterapia che aiuti a uscire dalla fase critica, metta in sicurezza e riduca l’impatto degli eventi traumatici attraverso un lavoro di elaborazione del trauma.